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Senilit di Italo Svevo

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Il secondo romanzo di Italo Svevo, pubblicato nel 1898, segue “Una vita” di sei anni prima.

Grazie l'incitamento dell'amico Joyce, lo scrittore triestino si decise a ritentare una nuova creazione ma l'opera cadde, confessa l'autore, nel silenzio tombale.

Per questo Svevo attese altri venticinque anni prima di cimentarsi nuovamente, questa volta con “La coscienza di Zeno.”

Il titolo, come ammette l'autore, non è dei più felici.

Rispetto al precedente però, pur decollando alla metà della storia, la narrazione prende poi un certo ritmo narrativo.

Emilio Brentani, il protagonista, non agisce, galleggia.

Appartiene alla frequentatissima galleria degli inetti, come Alfonso Nitti di “Una vita” e di certi personaggi flaubertiani.

Non ci deve aspettare nessun intreccio narrativo, si tratta, come emerge subito chiaramente, di una lunga analisi introspettiva.

Caratteristica di Svevo, che viviseziona ogni atteggiamento e le incapacità comportamentali dei suoi personaggi.

Emilio inizia una specie di gioco/sfida amorosa, con la bella ma vacua Angiolina, che lo invischia ed è ovviamente incapace di decidere, di agire al riguardo.

Solo, verso la fine della storia, la tragica morte della sorella pare, almeno parzialmente, scuoterlo da quell'insopportabile limbo esistenziale.

 Antonio Terracciano - 02/03/2018 20:11:00 [ leggi altri commenti di Antonio Terracciano » ]

Questa concisa ma esauriente analisi di "Senilità" ha avuto su di me un effetto paradossale, quello di farmi ritornare giovane! Sono andato infatti a riaprire uno dei primi libri non scolastici da me comprati, "Senilità" appunto, trovato su una bancarella di libri usati, a Napoli (allora i soldi in tasca erano davvero pochi! ) , il 21 novembre 1969, nella collana "I Corvi" della prestigiosa casa editrice Dall’Oglio di Milano. All’inizio c’è una prefazione scritta dallo stesso Italo Svevo il primo marzo 1927 , in cui egli riconosce che il romanzo ebbe scarsissimo successo (inferiore a quello ottenuto da "Una vita" ) , forse a causa della "veste alquanto dimessa in cui si presentò" . Ringrazia poi, per la "resurrezione" di "Senilità" , oltre a James Joyce, il francese Valéry Larbaud e un giovanissimo Eugenio Montale ( "Mio giovane e pensoso amico, grazie per tanto studio e tanto amore" ) .

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